Metrica: interrogazione
118 ottonari in Germondo London, Cadell, 1776 
   D’alma forte ognor trionfa
il desio di saldo onore.
Pur tallor le vie d’amore
nobil cor seguendo va. (Parte)
   Sventurata, invan mi lagno,
sordo il ciel è al mio lamento;
ah! Potessi un sol momento
la mia fiamma in sen calmar. (Parte)
   Non lasciarmi in tanti affanni,
s’hai pietà del mio dolore;
dono sia d’un fido amore
la tua bella fedeltà. (Parte)
   Dio del vasto impero algoso,
fida scorta a’ miei disegni,
deh! m’accorda il mio riposo
fra le braccia dell’amor. (Parte col seguito)
   Son qual nave abbandonata,
senza scorta e senza stella,
temo i scogli e temo il mar.
   Chi mi toglie al mio periglio?
Chi mi guida in seno al porto?
Il consiglio ed il conforto
da chi mai potrò sperar?
   Giusti dei! Di quale affanno
minacciato è il viver mio!
Se ritorna il mio tiranno,
   Calma, oh dio! quel tuo sembiante,
   Padre sei e nel tuo seno
non si desta un’aura almeno
   Calma, oh dio! quel tuo sembiante,
   Vedo il pianto sul tuo ciglio
   Calma, oh dio! quel tuo sembiante,
l’alma mia mancando va. (Parte)
   Ah del cuor nel cupo fondo
di natura i moti io sento!
Son gli affetti in fier cimento
fra il regnante e il genitor. (Parte)
   Deh ricevi in questo istante
dal tuo ben l’estremo addio!
Frena il pianto, idolo mio;
il tuo duol languir mi fa.
   Qual affanno, qual tormento
prova il misero mio cuore!
Stelle ingrate, quel rigore
   Idol mio, quel pianto amaro
deh nascondi agli occhi miei;
cessa, oh dio, di lagrimar!
   Deh perdon; perdona, o caro,
all’amore, al cuore oppresso;
deh perdona al debol sesso
che il dolor non sa frenar!
                          Stelle ingrate!
                     Mi lasci, oh dio!...
è miracol s’io non moro.
Ah mi sento il cuor mancar.
   Del mio ben se il ciel mi priva,
è impossibile ch’io viva.
La mia pena e il mio tormento
   Alme afflitte, innamorate,
che provate il duol ch’io sento,
   Chi è di noi che vantar possa
l’innocenza sua primiera?
la virtù ricuperar. (Parte)
   Ah! Nascondi, sposo amato,
al mio ciglio un figlio amante;
ei mi desta in questo istante
sol vendetta e crudeltà. (Parte)
   Non temer ch’io t’abbandoni,
finché vivo, io t’amerò.
   Sorte ingrata, dispietata!
Quanti affanni! Quanti inganni!
   Non temer ch’io t’abbandoni,
finché vivo io t’amerò.
   Per te soffro, per te peno
ma l’amor ch’io nutro in seno,
idol mio, scemar non può.
   Non temer ch’io t’abbandoni,
finché vivo io t’amerò. (Parte)
   Deh! Vi mova, o giusti dei,
a pietade il mio tormento;
   Casto amor, fra questi orrori,
deh proteggi un puro affetto.
Quell’ardor che m’arde in petto
deh protegga il tuo favor.
   La mia destra ed il cuor mio...
di mia fé gradisci il pegno...
                                Ah! Re pietoso...
Stringi, o figlia, il caro sposo.
Qual momento! Qual contento!
Qual piacer m’innonda il cor!
   Casto amor, de’ nostri cuori
deh proteggi il puro affetto.
Quell’amor che m’arde in petto,
deh, protegga il tuo favor.
   La mia destra ed il cuor mio
Di mia fé gradisci il pegno.
Sì bel nodo è di voi degno.
                                Ah! Re pietoso...
Stringi, o figlia, il caro sposo.
Qual momento! Qual contento!
Qual piacer m’innonda il cor.

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