Tutto il mondo è in gioia e in festa
Quel ch’io provo, quel ch’io sento
niun lo sa, niun lo saprà.
Per esempio, pel contratto
Sì signore, ho presto fatto; (Al barone)
non s’inquieti in carità.
La fanciulla... non ha nulla. (Al notaio)
Vorrei darle... Vorrei farle...
Un momento solo solo; (Al barone)
sì signore, andrò di volo.
verrà certo o non verrà. (Parte)
Se foss’io la sola offesa,
Ma d’amor la voce ho intesa;
ei mi parla e al cuor mi dice:
«Perdonare a te non lice,
se l’insulto a me si fa». (Parte)
Qual nocchiero in mar turbato,
qual guerrier fra l’armi e il foco,
soffre, è ver, d’un cuore ingrato
il disprezzo ed il rigore
Ma il nocchier talora al porto
dal furor del vento è scorto.
Il guerrier ch’oppresso e vinto
si credea di lauri è cinto.
E da sdegno a poco a poco
può rinascere l’amor. (Parte)
L’età mia, la caccia e poi...
figliuol mio, tutt’è finito.
Il rispetto ed il mio zelo...
Quel piacer v’accordi il cielo
che il cuor mio sperar non sa.
la marchesa in cuor vi sta.
Ah di lei non mi parlate,
Troppo foco, troppo sdegno,
quest’è segno che l’amate.
Vado adesso; vado io stesso...
Padre mio, deh non andate.
Che il vogliate o nol vogliate,
m’è lo stesso; vado adesso...
V’ingannate, no, non fate.
Vuo’ pregarla, accarezzarla...
e placarla... ed obbligarla...
(Pure alfin vi ho ritrovato,
vi ricerca il conte irato.
Vi sottragga il ciel pietoso
d’un geloso al rio furor).
(Ah d’amor, nel zelo vostro,
ma il destin non mi vuol degno
di goder del vostro amor).
Vittorina, al mio discorso
vengo adesso a far la glosa.
Non per serva, per isposa
Tanta grazia mi confonde.
Non saprei senza consiglio...
se accettar degg’io l’onor.
Io non sono un mentitore.
Perché mai mi tormentate.
qual per voi pensa il mio cor!
Sì, si vede... Sì, si crede
Deh signor, con permissione.
Torno a lei, signor padrone,
s’intrometta in mio favor.
(Giunge a tempo e non mi spiace).
(Che pretende quell’audace?)
(Mi tormenta anche il fattor).
Degno forse non son io...
(Quivi ancora è il padre mio.
Io vorrei la conclusione.
Tocca a lui la decisione.
Or ragion vuol che si taccia.
Non conviene a un servo in faccia
(Dice bene e mi rimetto).
(Ah sol io gli leggo in petto.
Vedo un cuore pien d’amore,
pien di stima e pien di fé;
ma quel cor non è per me).
Tempo, tempo e la fortuna
(Degli affari vo a spicciarmi).
(La marchesa dee aspettarmi).
(Il destin cangerà faccia).
Tempo, tempo e la fortuna
Se giustizia altrui rendesse,
non sarebbe Amor fanciullo.
Fa de’ cuori il suo trastullo,
gioco è in lui la crudeltà.
Se del merto cura avesse,
non andrebbe Amor bendato.
Se con noi si mostra ingrato,
colpa è sol di cecità. (Parte)
Facciam alto e riposiamo,
finché forze riacquistiamo
per salire e per cacciar.
e prosciutto e marzolino;
s’ha da bere e da mangiar. (I cacciatori seggono per terra e mangiano e bevono. Il barone siede sopra il tronco d’un albero)
Ma mi par... Tra quelle fronde
qualche cosa si nasconde.
Io l’avrò, se prende il volo.
Poverino, è un uscignuolo,
non lo voglio molestar. (Siede)
Non son nata una villana,
non son nata in schiavitù.
vuol ch’io vada? Vi anderò.
Oh guardate, che indecenza!
Chi credete ch’io mi sia?
(Ah mio cuor, la sofferenza,
la virtù, la gloria mia!)
se il volete, io partirò. (Va verso la collina)
Non mi vanto, non son vano
ma giustizia alfin mi rendo.
Non ambisco, non pretendo
Prima il cielo e il mio sovrano,
poi la patria e il genitore
e la bella serbo in cuore
che mi ha fatto innamorar.
Son sincero e son costante,
fido amico e fido amante;
ecco fatto il mio ritratto,
vi potete assicurar. (Salisce la collina)
Cara figlia, alfin ti trovo;
tutto so quel ch’hai sofferto,
di costanza avesti il merto
Ah il contento che ora provo
fa ch’io scordi il duol passato.
(Oh che caso, oh che allegrezza!
Piango anch’io di tenerezza).
Quando l’alma e il cuore è in calma
Che insolenza! Che violenza!
La fanciulla a noi cedete.
Disgraziato! Scellerato! (A Roberto)
La fanciulla diffendete. (Ai cacciatori)
Abbia il ciel di noi pietà!
Alto, alto, è mio l’impegno,
Salva, salva. (Fugge co’ suoi paesani)
preservata ha la mia sposa.
Grazie, grazie ai numi rendo.
Vittorina ha il ciel salvata,
(Non accendersi a tal fiamma
Sempre il fato non è ingrato
La costanza, la speranza,
idol mio, non vi abbandoni.
Cari vende amor suoi doni;
vuol che soffra un fido cor.
Sono amante e son costante;
di soffrire io non mi stanco.
L’onor vostro è cura mia.
Non ancor, non ne son degna.
L’amor mio per voi s’impegna.
Altri impegni ha il vostro amor.
Crudo fato... dispietato!
Cangi, cessi il tuo rigor.
Per dar pace al mio tormento,
sull’altar del dio d’amor.
L’ara e il nume ah dove sono?
Nel mio petto amore ha il trono,
qua la mano; qua giurate.
No; l’amor che voi vantate
regna ancor nel petto mio;
Sull’altar del vostro cuore...
Non è sordo il dio d’amore;
di lontan vi sente ancor.
Donne belle, il vostro cuore
Guerra fate a chi vuol pace,
poi amate chi vi offende;
fortunato è chi v’intende.
Giuste siate e meno ingrate,
che alla pace ed al ritiro.
Madre mia, deh riflettete
al dover che abbiam contratto.
Tutto il ben ch’ella mi ha fatto
Madre mia, se giusta siete...
Ah signor, non condannate
quell’onor che in me pregiate.
Voi mi amate e vi amo anch’io;
peno, è ver, nel dirvi addio;