Al sempre augusto, al sempre grande, invitto
di sincera amistà tributo rende,
tanto l’armi latine e il tuo gran nome,
fece rimbombo in queste spiaggie ancora,
il mio signor per me tuo servo onora.
sempre gradì di Tolomeo l’affetto;
io grato gli sarò, le ricche offerte
che i doni no ma la sua fede accetto.
il don che t’offre dei nemici tuoi. (Vengono condotti i priggionieri)
tra queste d’empietà servili spoglie
e di Pompeo la sventurata moglie.
Ritorna a Tolomeo, grazie gli rendi, (Ad Achilla)
ch’egli m’invia pietosamente accolgo,
l’aspre ritorte di mia man disciolgo.
ricuso libertà, t’odio, detesto,
il solo don che ti dimando è questo.
forse la placherai; quest’è suo figlio.
l’acerbo tuo destino e il tuo periglio;
alla tua genitrice, in quest’amplesso
scorgo che sei romano e sei mio figlio.
Dall’ingiusto rimprovero che offende,
signor, la tua bontà scuopri abbastanza
delle vittorie tue l’inutil frutto.
serbano i vinti contro te. Vincesti
compie la tua vittoria e t’assicura
per sempre d’un nemico; osserva, questa
ch’or ti presento è di Pompeo la testa. (Presenta la testa di Pompeo)
a Cesare tal dono? E chi frenare
dell’indegno delitto aspra vendetta.
Dov’è la cara spoglia? Il busto essangue?
figlio, numi del ciel, Lepido, oh dio!
dove posso e commando il nome mio?
no, d’averti a pregar non attendea.
tutto perduto avrei pria d’abbassarmi
a chiederla da te ma poiché tanto
osò la crudeltà, Cesare, mira
Cornelia ai piedi tuo’ supplice umile. (S’inginocchia)
che di lui resta ancor misero avanzo,
tutellari di Roma, il sangue sparso
vendicherò del tuo consorte, avrai
Vivi sicura, io la mia fede impegno.
fa che il duol non m’uccida. Al tuo tiranno,
barbaro messaggier, torna e gli recca
lo spavento, il terror, digli che tema
Cesare, l’armi sue, Roma sdegnata
ma più di tutto il mio furor paventi.
vuo’ straparli dal seno il core infame;
io troncherò del viver suo lo stame. (Parte)
abborro il nome e l’amicizia io sdegno.
che pietade non merta e non la speri.
A me, signor, la libertà concedi;
m’offro svenar il re malvaggio e poi
tornerò, lo prometto, a’ lacci tuoi.
Lepido sì ma Tolomeo si serbi
temo assai più che del tuo sdegno.
con idea di viltà macchiato e oscuro,
detesto il fallo e la vendetta io giuro.
cangiarsi un dì. Chi sa! Regge fortuna
il destin de’ mortali ed ella spesso
opprime altrui per solevar l’oppresso.
serve ancor la fortuna. I numi stessi
se la nostra amistà Cesare sdegna,
vedrai che invano Tolomeo non regna.
rimane in libertade, amarla io posso
senza delitto e le sue nozze ancora
posso sperar; ma dell’affetto ad onta
aborro il traditor; piacer non sento
se mi recca la pace un tradimento.
del genitor, la patria lege e poi
il voler di Pompeo da te traffitto
con te che ora l’usurpi egual diritto.
orgogliosa ti fa, Cesare forse
tra le cura d’amor qua s’incammina.
Oggi tu diverrai sposa e regina.
non unir Tolomeo, se potei tanto
tra le mura di Roma in fresca etade,
spero molto ottener. Cesare forse
meno la mia beltà che un traditore.
il premio di tua fé; quell’opra illustre,
ti ottiene il mio; di tue vittorie è questi
cupidigia crudel! Ma tu germana
Egli amico non vien; del nostro regno
vien a spogliarne; alla tiranna Roma
schiavi n’andremo; ah se tra noi communi
commune ancor sia la vendetta, uniti
tu vanne a lui, arti, lusinghe adopra,
ingannalo, se puoi; ti cedo il trono,
più non so contrastarlo; amo lo scetro
che in quella d’un nemico e d’un romano.
Lo scetro tuo, s’egl’è tuo don, nol voglio,
dal paterno voler in me deriva,
quello s’adempia sol; Cesare è giusto,
fia prezzo del mio amore il tuo perdono.
Cesare muove ad insidiarmi il trono;
quest’è il suo sdegno e reo di questo io sono.
Non t’avvilir perciò, armi ed amici
ed animo guerriero a noi non manca,
finché tutto al nostr’uopo oggi s’appresti;
il fato di Pompeo sulla sua testa.
resister non potrà; da noi trafitto,
di due tiranni suoi Roma all’Egitto.
Sulla mia fé riposa, oggi vedrai
il nemico perir fra sue vittorie;
s’attenda al varco; per trionfar sicuro
è talvolta virtù l’esser tiranno. (Parte)
Cornelia è la maggior; eccola, oh come
Di’, rispondi, crudel, che ti fec’io?
la ragione comun, versar quel sangue
così caro agli dei e poi, spergiuro,
offrir sugl’occhi miei la tronca testa?
più vaga ancora; odi Cornelia, è servo
al comun ben sagrificare è forza;
ospite insieme e, ciò che tu tacesti,
beneficato ancor dovea, il confesso,
com’or cedo a’ tuoi lumi.
un omicidio, un tradimento?
serve di velo all’opre ree, tiranno,
a chi il regno ti diè ritor la moglie,
far senza colpa priggioniero il figlio,
svenare in faccia agl’ospitali dei?
Quest’è il publico ben, quest’è virtude?
Va’, che un indegno, un traditor tu sei.
a nuova vita il tuo Pompeo ma posso
rasciugare i tuoi pianti e questa destra...
osi a Cornelia favellar d’amori?
Giusti numi del ciel, pria che nel seno
per l’indegno tiranno io senta amore,
vengan le furie a lacerarmi il core.
per soverchio tacer tradir me stesso;
t’amo, lo sai, all’amor mio prevalse
il rispetto finor. Vedova alfine
Lepido l’amor tuo; la mia sventura
infelici fa sempre i miei più cari.
prima al giovine Crasso, indi a Pompeo;
tu seguisti finor la sorte mia,
fosti misero assai, parti e m’oblia.
la mia morte dovessi, oggi concedi
il tradito consorte a me d’intorno?
questo vuol l’ombra sua, questo è più giusto.
le diede il ciel? Dei che m’udite, ah voi
con chi più vi somiglia irati siete.
non a Cesare di’; pensi che forse
quale accolto saria se vinto fosse?
data con dono egual tu la mia testa.
ti fu Pompeo, io l’onorai ma poi
che emulo ti si fece e all’armi venne
per la vittoria tua furo i miei voti;
mi vide il mondo sì, non inumano;
ma da Cesare sempre e da romano.
Se però l’accoglievo, il regno mio
che esser ospite infido e prence indegno.
Per l’opra tua, per te dirassi
più ch’alla mia virtude a un tradimento.
e l’innocente per il reo ti prega.
Ahi, che incontro fatal! Bella Cleopatra
non punisti il fellon? Spirito errante
la giurasti poc’anzi ed ei l’aspetta.
Fier contrasto al mio cor! (A parte)
Che mai rissolve! (A parte)
chi è il console di Roma e chi il tiranno.
Cornelia... Cleopatra... Oh dei, che affanno.
un tuo nemico. (A Cesare)
Un cittadin romano. (A Cesare)
Odi regina... (A Cleopatra)
tanta colpa obliar. Posso sottrarmi
se il condanna il Senato io non l’assolvo.
scritta è la colpa sua; prendi; tu stessa
sollecita il suo arrivo; aggiungi in esso
le tue preci, i tui pianti. Io vuo’ de’ padri
anch’io servo alla patria e son suo figlio.
Spergiuro, mentitor, quando si tratta
di soggiogar la libertà latina
Roma non è tua madre; allora solo
che ti chiedo vendetta, allor, crudele,
sei della patria tua figlio fedele?
e lacero e calpesto; al suol rimanga
il testimon di tua viltà; codardo,
dimmi che sei amante e non sei figlio.
Deh placati Cornelia, il giuramento
ti lascio in libertà; da te non cerco
più la vendetta mia; dal ciel, dai numi,
dal mio furor l’avrò. Tu siegui intanto (A Cleopatra)
l’infido a incatenar. Tu disleale (A Cesare)
servi alla tua passion. Re disumano (A Tolomeo)
schernisci il mio dolor. Tutti nemici
siate di me. Benché tradita, oppressa
saprò di tutti vendicarmi io stessa.
grazia ottener, signor, ten priego, assolvi
se m’assolve Cornelia, io son contento.
piangi al suo piè, chiedi la vita in dono,
se t’assolve Cornelia, io ti perdono.
valessero a piegar la donna altera,
per più bella caggion pianger vorrei,
solo dell’amor mio gli parlerei.
di Cesare trionfi. Addio, regina;
Tolomeo ti conservo, altra mercede
non ti chiedo, mio ben, che la tua fede.
darti fede poss’io quando mi lasci?
Tu di vane speranze ancor mi pasci.
il sangue; al tuo voler tutto concedo.
Bastami l’amor tuo, tanto non chiedo.
miei fastosi pensieri il vostro impegno;
di Cleopatra al cor. Del mondo intero
se mi seconda il fato, avrò l’impero.
s’adunano gl’armati e già del porto,
già della reggia tutta e del gran ponte
l’ambizioso roman; tu l’opra adempi
e poi da un grato re chiedi, che nulla
da chi molto può dare. A te superba
sarà, lo giuro, utile a te.
per il bel di Cleopatra arsi tacendo,
Pria che tramonti il dì sposa l’avrai.
Signor il dono tuo mi fa più ardito;
ti prometto le spoglie. Al braccio mio
giunge forza l’amor; già non pavento
del valor de’ Romani e vinto e oppresso
al tuo piè condurò Cesare istesso.
l’innimico cadrà. Cadranno seco
quanti condusse ad infestar l’Egitto.
passa ancor la tua rabbia?
testa del mio Pompeo? Ancor vi resta
per esser puro di quel sangue.
lo giuro, alto rimorso al cor rissento
necessario al mio regno. Il tuo dolore
modera e l’ira tua. L’eccesso rio
m’essibisco pagar col sangue mio.
Non ricuso l’offerta; io lo vuo’ trare
barbaro osserva a qual miseria estrema
priva di libertà, priva di sposo,
col pianto agl’occhi in vedovili spoglie,
più libera non son, non son più moglie.
avrai da me; dammi la destra...
temerario, superbo, a tant’eccesso
s’avanza l’ardir tuo! Mirami in volto,
d’un atto di viltà, mal t’ingannasti,
pensa ch’io son romana e ciò ti basti.
noi qui restiamo e invan si perde il tempo.
e nemico credei ma non spergiuro.
infesto a noi, sappi che finse.
noi tradir può ma non tradir il cielo.
e vada inulta? Ah non fia vero; ascolta.
quello che mi vuol sua, quello che m’ama.
grand’ardir, gran coraggio; un cuor romano
Cesare estinto e Tolomeo svenato,
vendico il mio signor, servo a Cornelia,
la patria vendicata e me contento.
ti pregai pel germano e prima or sono
contro te, contro i tuoi nascoste frodi.
la città di soldati, ei pensa forse
commandai ciò che voglio e lo prevenni.
Regina non temer; lascia che stanco
il tumulto de’ miei, prenda a quest’ombra
fia che consiglio il suo operar ne porga. (Siede e s’adormenta)
per la nuova fatica. Io veglio intanto
alla salvezza tua. Da te mio bene
dilungarmi non vuo’... Ma qui s’appressa
gente; che mai sarà? Mi celo. Intanto
non veduta vedrò. (Si ritira)
lo spergiuro, il nemico! Amato sposo,
dove ucciderlo debbo; ardisci e cada... (Snuda lo stile e mentre si vuol avvanzare a Cesare s’arresta dicendo)
chi difesa non ha... Sì; col tiranno
me lo chiede Pompeo, lo voglion tanti
miseri estinti cittadini... (S’avanza)
forse col merto il premio? Io svenar deggio
come gli passo il cor. (In atto di ferirlo)
Cesare sorgi. (Desta Cesare e trattiene Lepido)
che svenar ti dovea; lo stile, il braccio
vedesti alzato per ferirti.
Lo stile è mio; qui si celava e ancora
quando vicino hai di Pompeo la moglie?
Ambi voglion tua morte, ambi son rei.
contro il Cesare vostro? E in che v’offesi?
Perché non fui con Tolomeo crudele
son reo nel vostro cor? Chi intese mai
che la pietà fosse delitto! Indegni,
sarò crudel; vuo’ che cominci in voi
la mia severità gl’uffizi suoi.
renditi pur. Via, quella morte istessa
che a te dar non sepp’io porta al mio seno;
quest’è quel più che far mi puoi ma questo
de’ miei fieri tormenti ancora è il meno.
chi della colpa è reo, Lepido mora.
Salva la vita tua, tronca lo stame
d’un’empia donna e d’un amico infame.
per vendicarmi ingiusto. Il tuo germano
risserbai al Senato; i traditori
a Roma condurrò. Fra i cittadini
non vi sarà chi con il ferro in mano
ricusi vendicar l’atto inumano.
ch’esser un dì solea, la destra armata
come il suo vincitor Roma riceve.
altre pene per me? Su via scagliate
questo solo desio, sol questo aspetto.
non merita pietà; pure il tuo duolo
m’intenerisce. Porgerò i miei voti
a Cesare per te. Io del suo core
Se ti fidi di me, spera il perdono.
Io fidarmi di te! Da una nemica
la vita mendicar! Giove superno
m’incenerisca anzi ch’il seno mio
Cedi, cedi al destin che verrà il giorno
celar lo sdegno mio per vendicarmi.
vuo’ che lo sappia e fra catene ancora
tema dell’ira mia nanzi ch’io mora.
sperarlo io posso! Fra nemiche genti,
del tiranno in poter, priva d’amici,
senz’aiuto o consiglio, e che potrei?
Soccorretemi voi pietosi dei.
Vuo’ seguir l’infelice. Il duolo atroce
dove è l’uopo maggior. La spada impugna
per Cesare, per te, per tutti questi
compagni tuoi. Già Tolomeo destina
sparger il vostro sangue e se tardate
tutti v’atterra un tradimento infame.
E crederti potrò? Del suo germano
in un re traditore il sangue mio,
volo, la spada impugno e se la sorte
vorrà la morte mia, cadrò da forte. (Parte)
Numi del ciel, tutti i miei voti sono
per l’amante pietoso; io del germano
piena è d’armati e di custodi?
la libertade assicurare e il regno.
che consigli al tuo re; vuoi contro Egitto
muover uomeni e dei? D’opra sì audace,
L’onor, la gloria e Cleopatra in moglie.
E Cleopatra in moglie! Infame servo,
fino alla tua regina e a quest’impero?
mi rispondi così; ma esposta all’ira
che mia ti voglia a gran ventura avrai.
faccia di me quel che può far la sorte,
prima ch’esser di te sarò di morte.
ed a te, suo signor, sempre inumana.
io deprimer saprò. Porgi Cleopatra
ad Achilla la destra; il tuo germano,
ed il barbaro re troppo dispone.
violentarmi ad amar l’odiato oggetto.
bramo la destra tua non il tuo affetto.
due cose io ti propongo; eleggi; o sposa
sarai d’Achilla o pur sarai...
Vuoi dir ch’io morirò, già lo preveggo.
Achilla abborro e di morir m’eleggo.
Achilla non temer, saprò ben io
di consolarti il modo. Ora si pensi
è quel Cesare invitto; or venga Giove
e lo ritolga all’ira mia.
della plebe di Menfi ingiuria e giuoco.
pugneremo da forti ed in poch’ore
ed avrà la sua pace il nostro core. (Parte)
secondato è dal ciel, vedrò umiliato
di Cleopatra l’orgoglio. Ostenti ardita
fin che può l’ira sua. Cesare pera.
più cauta nel suo sdegno e meno altera.
siam di forze ineguali e non di cuore,
O vincere o morire; il nostro braccio
siate ora qui, qual sempre foste in campo.
Cesare contro voi solo ancor basta. (Cesare entra incalzato, poi torna solo)
la virtù fu de’ miei, se quivi attendo
solo che giova? E dove gir? Nel nuoto
la salute si cerchi. Il faro è presso;
misero Tolomeo, misera Egitto. (Depone l’armi e si getta dal ponte)
ecco le spoglie sì temute. È vinto,
è domo il suo valor; quelle sì chiare
un punto sol tutte oscurò nel mare.
tu chiami Tolomeo? (A Cornelia) Empio ed ingiusto
si alletta un mio nemico e ingiusto sono,
son tiranno, lo soffro e vi perdono?
Sta Cesare per voi? Cesare è vinto;
ei nel mare perì. Solo qui impero,
solo do leggi, lo conosci? (A Cleopatra)
forza, non odio o crudeltà?
ambe potrei, nelle mie man voi siete
e ubbidirmi convien. Sposa d’Achilla
sposa d’un servo vil? Come!...
Non più, mi udiste, al mio voler conviene
umiliar l’intempestivo orgoglio.
Ed io non voglio. (S’alza da sedere)
le tue barbare voci. Esserti deggio
o consorte o nemica? Odimi dunque,
io nemica ti sono, odio il tuo volto,
abborro il nome tuo; sappi che sei
un oggetto di sdegno agl’occhi miei. (Parte)
sovra te l’ira mia. Tu pur ingrata
mi rapisti il mio ben; tu m’involasti
la mia felicità. Che mai di peggio
far mi potrai? Su via, provati ed usa
tinto del sangue de’ nemici tuoi;
svenai col brando mio. La bella pace
Dal ponte si gettò; forse nel mare
vuo’ che sposi l’indegna.
dell’opra mia non la facesti?
Da un empio, da un tiranno
Ricompensa così gli amici suoi.
Ma se ingiusto ti rendi...
rissolsi già; vada Cleopatra e mora;
e tu più cauto il mio commando adora.
mio ben l’affetto mio, saprò sottrarti
da l’ire del germano. A me la destra
troppo vile saria. Voglio vendetta.
Se ti cale di me, se la mia destra
mora l’indegno e tu sarai mio sposo.
Bella t’obbedirò, del tuo germano
saprò il sangue versar ma se mi scorgi
poscia l’orror del tradimento in viso
cara non mi sdegnar, pensa che sei
quella tu che dirigge i moti miei.
Sì. (Tu lo speri invano). (A parte)
se l’amor mio tu speri; or che mi giova
lusingarti non sdegno; io vuo’ vendetta,
tu essequir la dovrai. Ma se m’inganna...
vendicarmi saprò... Come, in qual guisa?
che far potrei? Nol so. Smanio, sospiro
per l’estremo dolor quasi deliro.
Il figlio ancora ha della madre il core
io te lo rendo e seco il regno mio,
seco il mio cuor; dammi la destra in pegno.
Abborisco il tuo core, odio il tuo regno.
s’uccida e allor vedrò...
che vacillar non so. Vanne mio figlio.
ricerca e di’: «La madre mia fra poco
mi seguirà ma qual dovea, tua moglie».
la mia fortezza e la costanza mia.
romano sei; va’ da romano e mori. (Lo baccia e poi lo lascia)
il figlio di Pompeo soffra la morte.
esequite l’impero. (Ad una guardia)
sì barbara empietà! Sugl’occhi miei
Voi lo vedete e lo soffrite, o dei?
non val la vita sua. Pria ch’acconsenta
quest’innocente vittima s’uccida.
più non mi fai pietà. Tenero pianto
salva sia la mia gloria e muoia il figlio.
E tu crudele, e tu inumano appelli,
Cornelia, il mio rigor? Cuor più spietato
chi mai vidde del tuo? Quest’è tuo sangue
né ti move a pietade! Orror mi fai;
di tanta crudeltà! Per umiliarti
tuo figlio minacciai. Ma tu spietata
o femina superba, o madre ingrata. (Parte)
stimoli della gloria e dell’onore.
contro di Tolomeo si fa congiura.
l’arcano a me fidò; chiese in aiuto
il bracio mio; pria che tramonti il sole
divenne Achilla al tuo signor nemico?
ma tacque la caggion. Solo mi disse
simula i sdegni tuoi; fa’ che il tiranno
si lusinghi di te, finché la spada
giunga al suo petto e lo trafigga e cada.
bella non sai quanto il cuor mio t’adora.
pera il tiranno indegno e un colpo solo
all’aquile latine inalzi il volo.
Ecco l’attrio, ecco il tempio, ancor non veggo
la vedova superba, il re tiranno.
E sarà ver che di Cornelia il core
abbia l’odio cangiato in dolce amore?
Nol credo no, qualche fatale arcano
qui si nasconde, ad ispiarne il vero
mi celerò fra queste mura, a caso
il ciel non mi salvò; con queste spoglie
non conosciuti, inosservati, amici,
restiam per poco; ancor tempo ci resta
qui dove regna il più crudel tiranno
per risarcir di nostra fama il danno.
parti e rivolgi da quest’are il guardo;
lo sdegno a simular. Se questa è colpa,
lo potete vietar. Fulmine scenda,
ritrovi almen qualche riposo in morte.
e giorno di vittorie; oggi l’Egitto
sacri ministri incominciate il rito
rendan propizi e fortunati i dei.
Lepido ancor non veggo. (A parte)
non strinse amore, idolo mio t’abbraccio.
Fermati Tolomeo; prima uno sguardo
volgi a quel sasso, lo ravisi?
ti ricondusse il genitor sul trono.
(E Lepido non viene. Ah son tradita). (A parte)
Vano è riandar delle passate cose
T’è noto l’odio mio, tanto ti basti.
(Lepido traditor tu m’ingannasti). (A parte)
che più querele e più rigor, che pianto?
Che stravaganza è questa, i miei nemici
e m’insidian la vita i propri amici?
Cesare ti diffende; io non ho core
di lasciar impunito un traditore.
Farti scudo del reo! Basta sperguiro
che tu l’abbia diffeso, allora quando
l’empio sangue a versar! Non vi spaventi
ei v’ingannò; potria ingannarvi ancora;
s’uccida Tolomeo, Cesare mora.
contro il sangue roman volger la spada.
un seguace non più ma un tuo nemico.
Non sei tu quello (A Lepido)
che dalle mani mi togliesti il ferro
Cesare per svenar? Ed or...
ho rimorso, ho rossore e son pentito.
il tuo cenno impedito. Ucciso avrei
Cesare ancora vive? Idolo mio
pur ti riveggo ancor. Sospendi Achilla
che se Cesare è meco, altro non bramo.
mi chiamerai crudele! Avrai desio
della mia morte? Osserva qual vendetta
dubbio sarà se fosti più glorioso
nel vincer forte o nel donar pietoso.
ogni commesso errore e tu lo spera
Achilla dal tuo re. Cornelia alfine
Cesare tu m’avrai. Se invendicata
sono per tua caggion, tutto il mio sdegno
cade sovra di te. Fellone, io vado
alla patria tradita, a Roma io torno.
Contro di te solleverò la plebe,
console traditor, mostro spietato. (Parte)
a tue vane minaccie il mio cuor forte.
vaga è Cleopatra, io glielo cedo; basta
ciò si riserbi. Il sagro tempio è presso,
vadasi al nume innanti e il cuor divoto
nostra felicitade, offriamo in voto.