Metrica: interrogazione
404 endecasillabi (recitativo) in Vittorina London, Cadell, 1777 
d’allegrezza e di nozze? La padrona
vedova, e non ancor spirato è l’anno,
oggi si rimarita e voi che siete
Il vostro core non vi dice nulla?
Che volete mi dica? Un infelice
non può in seno nutrir speranza alcuna.
fattore in villa ed in cittade agente,
e vivere potremo onestamente.
dir che non v’è per voi miglior partito.
                                     Questo suono
                                             Sarà... Gli è desso.
il baron di Sarzana, il più giocondo
ed il più bravo cacciator del mondo.
a un amorin non essere discaro? (Il notaio entra)
La marchesa dov’è? (A Roberto)
                                       Nel gabinetto.
Non è ancora venuto e la padrona
(Eterna insopportabil tavoletta!
                                      (La sua lentezza
                                          Dite alla dama
che il notaio è qui meco e se il contratto
che soscriver si dee vedere aspetta,
venir qui degni o andar da lei permetta.
Quegli dunque è il notaro? (Al barone)
                                                   È quegli.
                                                                      In grazia,
Può darsi ch’io la sposi e bramerei
qualche cosa su ciò saper da lei.
Gran seccator! Non la finisce mai.
                                            No, restate;
Vittorina gentil! Signor notaio,
là nella biblioteca entrar potete. (Il notaio passa nella libreria)
                                             Bella ragazza,
la marchesa l’alloggia; io resto solo.
Solo viver non posso e se volete
voi padrona sarete in casa mia.
                             E perché no!
                                                       Scusate;
voi credete onorarmi e m’insultate.
a uscir di servitù, viver tranquilla,
non ricco, è ver, ma liberale e umano.
per salvar l’onor mio, questo in cui vivo
stato di servitù penoso e duro.
e dormo di buon cor la notte intera.
Basta condursi ben, figliuola mia,
e chi mal pensa maledetto sia.
che il padre suo... Ma il cavaliere in breve
sposo sarà né a me pensar più deve).
Rifiutate le offerte o le accettate?
che di più desiar? Oh non è nobile...
È povera ed è serva... Tanto meglio.
Mio figlio... i miei congiunti... il mondo... Ebbene,
il mondo, il figlio, i miei... La dama viene.
                                 Questa mi piace
Verrà, verrà, non dubitate. Intanto
il notaio è là dentro e se volete
                                       Ma il cavaliere
che fa? Perché non vien? Perché sì lento,
perché sì tardo delle nozze il giorno?
                                      Un vero amante
non misura il suo tempo all’oriuolo
ma viene e va, monta e discende a volo.
di venir più stuccato e più attillato
fatto l’ha ritardar più dell’usato.
men vivo il cavaliere e meno attento.
che produca il cuor mio nel suo l’orgoglio.
(Possibil che volubile a tal segno!...)
Vuo’ che la gelosia sia il suo tormento.
forse si pentirà). (Staffiere con una lettera)
                                  (Vuo’ ch’egli apprenda
ad amarmi, a temermi). Olà, quel foglio.
                                           Datelo.
                                                           Ancora
le lettere per voi? Sa ch’io non voglio
                                           Perdonate;
aver letto che in breve, e non so bene
                                        Ed a qual fine?
Che vuol da voi? Che vuol da me? Ma parmi...
ch’ho di sfogar lo sdegno ed il dispetto
che per doppia cagion m’ingombra il petto.
Scusa non meritate. Invano al fasto,
alla pompa, allo specchio, all’eleganza
                                          L’ora prescritta
                                        Altre son l’ore
che destinan le genti, altre son l’ore
                                        Deh perdonate.
Mi chiedete perdon?... Nol meritate.
del grazioso accoglimento?
                                                  Io dico...
che se purtroppo con voi si sdegna,
è la collera sua di scusa degna.
la conosce di voi? Siate sincera,
non ama che sé stessa e non affetta
che per impor di servitude il giogo.
                                         E non si vede
che vivendo con lei sarei infelice!
Vi ama forse, signor, più che nol dice.
questa vostra virtù; la difendete
a dispetto del cuore e forse forse
a dispetto d’amor. Non evvi ignota
l’inclinazione che ho per voi. La vostra
forse ignota non m’è. Mi resta solo
scoprir lo stato vostro e se risponde
il grado al cuore ed al soave aspetto,
volgere a voi le cure mie prometto.
Vano è, signor, il figurar chimere.
che mostrate di me; ma voi dovete,
sia per amor, sia per onore o impegno,
serbar la destra a un imeneo più degno.
La marchesa sposar? Legarmi ad una
l’amor, la servitù? Mentre potrei
senza un’ombra temer di dispiacenza
viver lieto con voi. Qual differenza!
lusingarsi per ciò. Ma viene il conte;
minaccioso mi sembra; oh ciel! Sul passo
riscontrato ha il rival. Temo, pavento
                        Della marchesa i torti
                                       Chiede ella stessa
di vedervi, o signor; ite, sperate
che il suo cor ravveduto...
                                                Eh non consento
di udirla più né più soffrir. Vendetta
chiede l’onor, chiede l’amore offeso.
pagherà i miei disprezzi.
                                               Oimè! Qual colpa
è di lui la marchesa? Egli non l’ama
forse quanto credete. E chi v’accerta
ch’egli aspiri a sposarla? Ah riflettete
precipitare una vendetta invano.
Vittorina ha per lui! Veggiam... Ma alfine
che alimenta il sospetto. E il cavaliere,
da indifferenza o da ragion convinto,
o mi ceda la sposa o cada estinto.
riuscirvi potrebbe; ha destra, ha cuore
per difender la vita e il proprio onore.
ama e forse è riamata. Il suo consiglio
rendersi in mio favore e in cento guise
la fortuna in amor cangiar si vede.
                                          Siccome in breve
per padrone, dispotico, assoluto...
poiché donne son donne e l’uomo alfine...
Vi spiccio in un momento. Un’occasione
avrei di maritarmi; la fanciulla
soggetta è alla padrona; e la padrona...
(Sarebbe mai... Veggiam). Qual è la sposa
                                          Oh ell’è bellina!
                                          È Vittorina.
                                    So quanto vale
che, risoluto a divenir marito,
non conosco per me miglior partito.
                  Per me.
                                   (Possa perir l’indegno!)
                                  Mio padre viene,
                                   Ritornerò;
che il barone sen vada aspetterò. (Si ritira)
Tutto dunque è finito? La marchesa
                                        Il suo costume
Pensate a un’altra ed io ritorno a caccia.
Ma prima di partir... (Sì, mio figliuolo
merita ch’io gli sveli il mio segreto).
                                         La conosco.
merti da un galantuom stima ed affetto?
per beltà, per candor, per senno e cuore,
chi merti più di lei fortuna e onore.
                                          Mio padre, ebbene...
              Seguite, o ciel!
                                           Sarà mia sposa.
che ho di cedervi tutto e ritirarmi
lieve soddisfazion. Godete in pace
tutti i miei beni, che buon pro vi faccia;
la mia sposa mi basta e la mia caccia.
(Son fuor di me. Qual fulmine improvviso!)
Temete ch’io vi dia fratelli e suore?
In verità, mi fate troppo onore.
                                         Siete certa
                                      Oggi qui deve
madre di Vittorina. Di vederla
scritto alla figlia sua che nel sobborgo,
all’insegna del Sol, restar le preme,
per là vedersi e ragionare insieme.
L’oste conosco e l’osteria.
                                               Sollecito
fate che tosto parta e se trovate
che ricusi partir, la forza usate.
la faremo partire a suo dispetto.
Ricompensa per voi, per lor prometto. (Roberto parte)
e impaziente il mio destino attendo.
(Perché non porla in un ritiro allora
che venne a me?... Ma sono a tempo ancora).
siete nel cor, siete nell’alma oppressa.
Perché credere amor la pena mia?
Pena è amor, se congiunto è a gelosia.
                                    Vano è il nascondere
quel che meglio d’altrui saper dovete.
che vi ama, che vi stima e che vi onora,
e il cavaliere Vittorina adora.
a bellezza volgar volgere il ciglio.
Io conosco me stessa; e chi pretende
altrimenti pensar m’insulta e offende.
colpa vostra non è, colpa è d’amore.
teme a ragion... Ma simular mi è forza.
delle collere mie la cagion vera,
troppo del suo trionfo andrebbe altera.
(Sempre grave così! Sempre accigliata!
                                    Udite; l’età vostra
di nascondervi sempre in faccia al mondo
chiaro mi fan che in casa mia non siete
abbastanza in sicuro. A provvedervi
ho pensato e risolto. Alfin godrete
stato migliore. In un ritiro andrete.
                                           No, ve lo giuro.
farmi più caro non potea. Mia madre
                                 Di lei l’assenso
inutile è aspettar. Son io la sola
che può, che sa, che provvedervi intende.
Mia madre oggi s’attende...
                                                   Ebben, vi trovi
chiusa all’arrivo suo. Fra pochi istanti
da un foglio mio, da genti mie scortata,
                                      Non replicate.
di veder, di abbracciar? Stelle! Che miro!
la marchesa nol vegga e non s’irriti.
                                        Un sol momento
chieggovi per pietà. Deh Vittorina,
di diffidar dell’onor mio. Prometto
che dal mio labbro esiggere potete;
ma svelatevi a me; dite qual siete.
nell’immagine vostra... Ah, no, cessate;
qualunque io sia... qualunque fossi... è vano
che più pensiate a me, vano è che duri
la bontà che per me nudrita avete,
se per l’ultima volta or mi vedete.
L’ultima! Oh dei! Perché?
                                                 Perché a momenti
fra anguste mura, in un oblio profondo,
separata sarò... da voi... dal mondo.
Come! Che sento! E chi di voi dispone?
                                           Ah ciel! Qual lume!
ecco il mister svelato. Ecco in voi chiaro
dell’origine vostra il dubbio raggio.
Alma degna d’onor, degna d’omaggio. (Si getta a’ suoi piedi)
                                   No, la tiranna
                                    Deh se mi amate,
continuate a tacer, non impedite
al mio onor un asilo, alla mia pace
                                           Ah, la marchesa,
sotto il vel di pietà, nasconde forse
qualche di gelosia segreto sdegno;
io di sottrarvi all’ira sua m’impegno.
parto (mi manca il cor). Per sempre... addio...
d’un ingiusto furor? Che la speranza
il tuo amor, il tuo cuore e la tua mano?
Se lo credi, idol mio, lo credi invano. (Exit)
Ma qual rumor! Son cacciatori. È meglio,
stanca qual son, che a riposarmi io vada;
e Vittorina?... Oh se non vien, se scopro
nell’albergo abborrito i passi miei.
Ma se vado colà, peggio per lei. (Entra nell’osteria)
Là è l’osteria del Sol. Veggio il barone
Vuo’ lasciarlo partire, entrerò poi).
Ebben, siete contenti? Vi sentite (A’ cacciatori)
per la caccia disposti a far ritorno? (Si alzano)
Andiamo dunque e profittiam del giorno. (Montano la collina)
la madre è ancor di Vittorina. Oh cieli!
Quivi cerco la madre e vien la figlia.
(Ho capito, ho capito e profittare
voglio dell’occasione). Vittorina!
                                    Dalla padrona
e degli ordini suoi mi ha incaricato.
Il segretario e il camerier ritornino
alle incombenze loro. È più decente
che vi scorti il fattore o sia l’agente.
Quel ch’ella vuol si faccia.
                                                Avete nulla
da dir, da presentar? (Il segretario gli dà una lettera e una borsa)
                                         Ma non v’ha detto?...
me l’ha detto, il sapea. Son cose usate,
la padrona vi aspetta, il dissi, andate. (Il cameriere e segretario partono)
                                         (Chi è colei?
Cerco la via che non vi offenda il sole. (Parte con Vittorina)
È una donna, egli è vero, ed alla voce
Vittorina parea. Ma s’ella fosse,
ho l’albergo, ove son, scritto e indicato;
aspetta, aspetta e non si vede ancora.
Giusto mi pare il prevenir mio padre
di quel che accade; l’amor mio svelargli,
ed ottener del suo consenso il dono.
La caccia non dovrebbe esser lontana.
Se incontrarlo poss’io... Scusate, in grazia;
veduto avreste rigirar qui intorno
han mangiato, bevuto e riposato;
poi quell’altra montagna han rimontato.
                                          Eran guidati
conta di nobiltade il padre mio.
Nobile sono e titolata anch’io.
                       E una giovine che seco
vive da qualche tempo in compagnia,
bianco viso, occhio nero e bionde chiome,
                                (Cieli!) Il suo nome?
la conosco, l’ammiro; ella è un tesoro.
                                         Anzi l’adoro.
voi ardite d’amar la mia fanciulla?
                                                Sì, padrone,
la marchesa del Vallo è mia cugina.
                                              Voi vi turbate?
                                                 Possibil mai
                                          Come! Che dite?
la cugina servir di cameriera?
                                          È questo il grado
con cui la vidi alla marchesa unita.
Ah marchesa, marchesa! Ah son tradita!
Amo la figlia vostra e pronto sono...
e le nozze faransi in questo giorno.
non vi conosco ancora. Il grado, il nome,
la nobiltà, tutto va ben; ma voglio
se finora ha sofferto ed ha patito
ch’abbia almeno mia figlia un buon marito.
Se tutto è ver... Ma quel ch’è ver purtroppo
della cara marchesa... Ardo di sdegno.
Venite e non temete. Vi ho sottratta
Ah! Il mio cuor non m’inganna.
                                                           Ah madre!
                                                                                 Ah figlia!
Par l’avventura un comico accidente).
Chi preveder potea quel ch’è arrivato?
al segretario e al camerier di mano?
Perfido! Mi hai tradita. Ed Isabella!
                                   Gli ordini ho dati...
                                            E che per questo?
Se voi gliel dite, partirà più presto.
                             Obbedisco.
                                                    (In quante guise
                                         Povera donna!
rendi i tuoi conti al segretario e parti.
E di servirmi più non lusingarti.
Qual turbine! Megl’è ch’io me ne vada,
prima che sul mio capo il fulmin cada.
che mi ha fitta la porta nel mostaccio?
Con me tal confidenza! Ma che vedo!
che rapire volea la mia figliuola.
e da onorato galantuom sposarla.
Voi mia figlia sposar? Voi la cugina
                                            (Oh che mai sento!
                                       Guardate;
che ingiustizia! Che torto! Una cugina!
Qui restar più non voglio. Se bisogno
avete d’un agente o di un fattore,
eccomi, di servirvi io avrò l’onore.
Se non fossi irritata com’io sono,
quando fuori sortì con questo tratto.
                                         Non ancora;
ma quanto tarda più, ve lo prometto,
l’ira s’accresce e aumentasi il dispetto.
credo sia la marchesa; io vi propongo
nobile, avvantaggioso, un buon partito.
                                Ebben, che cosa dite?
Poi la marchesa... la vedremo insieme.
Chi di me più felice e più contento!
e per me quel tesoro è destinato.
reso mi son. Non altrimente avrei
riposto il piè fra queste soglie.
                                                        Eppure
abita quella che sarà tua moglie.
Vi turbate? Fremete? A questo segno
                          Che cos’è dunque?
                                                              È amore.
Eccomi a’ vostri piè. Senza volerlo,
Vittorina che amate è l’idol mio.
Alzatevi; che sento! E come? E quando?
Sino dal primo dì ch’io la mirai,
mi piacque e l’adorai. Forza mi feci
per piacervi e obbedirvi. Ah l’amor mio,
ch’ogn’altra aborro ed ho la vita a sdegno.
                                   Se il sagrificio
necessario è all’onor, morir son pronto;
ma ch’io lasci il mio ben non isperate.
quanto t’amo lo sai ma debbo... Ohimè...
Tutto farò per consolarti, o figlio!
Povero genitor! Dell’amor suo
quai prove non mi diè? Qual nuovo effetto
di sua bontà, del suo paterno affetto!
(Mia madre, oh ciel! dove sarà? Per tutto
gl’insulti a provocar della marchesa).
                                    (Cieli!) Scusate.
                                        Come! Mi han detto
di sue nozze la pompa e che a momenti
                   Con voi, crudele!
                                                    Ah no, mia vita.
In questo punto il padre mio le parla.
Ei sa ch’io vi amo; all’amor mio vi cede
e alla mia libertà veglia e provvede.
                                       Chi può forzarmi
                                     Oh dio! Restate,
lusingarmi e sperar mi si conceda,
la costanza trionfi e il cor non ceda.
d’un infedel, d’un che l’insulta è accesa?
Io vuo’ de’ torti miei giustizia farmi.
Ma che un’altiera donna si abbandoni
a chi l’insulta ancor difficil parmi.
della vostra costanza al degno oggetto.
del labbro vostro... (Ah l’infedel s’appressa,
Sagrificar alla vendetta il cuore!)
Marchesa, ecco mio figlio; se il volete,
forse vi sposerà. Tutto vi è noto,
nasconderlo, tacerlo inutil fora;
                                      In faccia mia...
Un momento vi chiedo in cortesia.
                                          (No, non temete).
Quando si strilla ben, non è più quella.
sia l’impegno o l’amor che a ciò lo sprona,
Vittorina abbandona ed io per rendere
giustizia al merto e far tacere il mondo
voi sposate mio figlio ed io la sposo.
                                        O il padre o il figlio!
cotal gente a soffrir sugli occhi miei?
Come! Sciocca che sei, a una fortuna
che offre il ciel con prodigioso evento
rinonziare vorrai per complimento?
L’esempio, è ver, della virtù voi siete
ma per troppa virtù voi vi perdete.
di me stessa arrossisco e son convinta).
                                      A che pensate?
Il momento è per voi. Non replicate.
                                             Meritereste (Al cavaliere e Vittorina)
che l’ira mia... Ma no, crudel non sono;
tutto accordo e permetto e vi perdono. (Parte col conte)

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