Metrica: interrogazione
189 endecasillabi (recitativo) in Il filosofo Venezia, s.n., 1735 
oh di stolto pensier brutale inganno.
sarà fonte de’ mali? Oibò pensate,
dove trovasi il mel tosco raccoglie.
Ma che veggo! Una donna! Io mi nascondo.
Donna fatal per cui sì brutto è il mondo!
D’una furia la donna è assai peggiore.
se fossero le donne orrende tanto
dagl’uomini sarian meno bramate.
soglion sempre scherzar col precipizio.
certa difficoltà bizzara e strana...
Proponervi vorrei se mi è permesso...
Ditela pur ma non mi state appresso.
                                      Ah non vorrei
facessero il mio cor misero amante.
                                       E in che maniera!
ad impazzir comincia, egli diviene
in breve tempo pazzo da catene.
(Volesse il ciel che arrender potess’io
il filosofo ricco all’amor mio).
Voglio saper se il matrimonio sia
come vogliono alcuni una pazzia.
In massima dirò che il matrimonio
necessario si rende al nostro mondo.
per fuggir i travagli e viver sano
da un laccio sì crudel vive lontano.
che si mariteriano ogni stagione.
che già per me si finirebbe il mondo.
Tanto nemico voi del nostro sesso?
E se donna gentil di voi invaghita
                                     Sarei lo stesso.
                                     Non tanto appresso.
io la consolerò con l’acqua fresca.
che un uomo come voi doto e civile
Nella filosofia non v’è precetto
Se la filosofia dunque obligasse
                                      Io certamente
farei quel che far deve un uom sapiente.
d’un filosofo saggio è cosa degna.
Venga. S’egli lo prova io vi prometto
alle fiamme d’amore aprire il petto.
(Soccorretemi voi arte e natura). (Via)
Chi sarà mai quel ignorante ardito
che mi voglia provar cosa sì strana!
che sogliono offuscar l’altrui ragione
quante volte l’onor manda in rovina.
Certe visite fatte in ora fresca,
certe conversazion di vario sesso,
toccarsi or con le mani or con il piede
è platonico amor? Pazzo chi il crede.
Chi consuma l’entrate in regaletti,
chi con la vaga sua vive felice,
questo è amor di Platon? Pazzo chi il dice.
dicon che è gran delitto il pensar male.
Vede una madre vagheggiar la figlia
seguendo anch’essa di Platon la scuola.
del volgo ignaro per sottrarsi all’onte
la scola di Platon portano in fronte.
Signor Anselmo, il ciel vi dia contento.
se si vuol contentar del proprio stato.
qualche fiamma gentil d’onesto affetto.
                                        Anzi infallibile,
come sarebbe a dir l’uomo è risibile.
prego il cielo, signore, (oh che scongiuro)
lo dirò, prego il ciel d’innamorarmi.
Ascoltatemi dunque e rispondete.
è la vita il maggior di tutti i beni.
questo gran ben ci toglie.
                                               È ver purtroppo.
Il conforto maggior che nella morte
un’imagine sua viva nel mondo.
inclina ad eternar la propria spezie.
quel che moglie non ha non può sperare.
                          (Comincia a vacillare).
In questo passo voi fallate assai.
che non s’erano pria veduti mai.
più d’un tenero amor v’entra il demonio.
                                     (Questo studente
nella scuola d’amore è un gran sapiente).
che anima si può dir di tutto il mondo.
conforto nei travagli e nelle gioie
moltiplica il piacer. Aman le piante,
aman le belve ancor, aman le pietre
e voi che siete un uom, voi non amate?
Amico, tai ragion m’avete detto
ch’io già vinto mi rendo.
                                              Or ricordatevi
del vostro gran scongiuro e innamoratevi.
trovar donna che piaccia al genio mio.
le donne per lo più son vanarelle.
donne nella virtù versate e franche?
Sì ma son rare come mosche bianche.
tosto divien superba e pretendente.
che non avrà certi catarri in testa.
e se mi piace io sarò suo marito.
ch’è da stoico assai più che aristotelico,
Quest’è un abito alfin d’uomo sapiente.
cotanta antichità non istà bene.
Se volete tentar d’esser suo sposo
comparite più vago e spiritoso.
Basta, m’ingegnerò, benché sia troppo
l’uniformarsi al gusto d’oggigiorno.
tanta polve di Cipro e tanti fiocchi,
che la filosofia vinta è d’amore).
Chi ben comincia è alla metà dell’opra,
di finir ben, se cominciai sì bene.
Il filosofo alfine io persuasi
colla virtù d’un feminil sembiante.
farò che il mio saper siami di scorta,
per comparire in tal materia accorta.
Siete voi la signora... (Oh m’è scapata).
Perdonatemi in grazia, è lei la dama
                                      Al suo comando.
Questo è un uomo da ver fatto all’antica.
Orsù signora datemi licenza
di poter favellar in confidenza.
Vusignoria si serva come vuole.
Questo vusignoria lasciar si puole;
                                            Zitto in mallora,
il termine signor lasciate ancora.
tutti i titoli son superlativi.
che chi ha lustro il vestito è un illustrissimo.
                                    Quanto basta
(Se è dotta quanto è vaga ella è un portento).
                                             Sicuro,
onde per saper dir la mia ragione
non la cedo in astuzia a un Cicerone.
                                  Per dirla schietta
che ognuno persuader può facilmente.
il cor d’Anselmo ha persuaso ancora).
E la filosofia come v’aggrada?
par che meglio s’accosti al naturale.
dalla moralità del suo bel viso).
Appresi dunque che talvolta un core
per simpatia può delirar d’amore.
(Aimè purtroppo è vero un tal precetto,
introdurmi nel cor sento l’affetto).
Che se non trovo un uomo leterato
farei all’esser mio non lieve scorno.
(Questa è per me, filosofia buongiorno).
                                          Eh non son stanco.
                                           Oibò pensate.
niuna cosa sa far per complimento.
                                              Io gli direi:
io per moglie v’accetto, ecco la mano».
È vero, io sol per voi ardo d’affetto,
onde potiam senz’altro testimonio
fra di noi stabilire il matrimonio.
Oh per amor del ciel non bestemiate.
                                      Credo che sia
effetto natural di simpatia.
contro la simpatia fosse uno scoglio
io non posso temer nel vostro core;
è passion natural dei nostri petti.
È forse il mio del vostro amore indegno?
(Or mi convien usar l’arte e l’ingegno).
un che amar non sapea già reso amante.
un sapiente al mio piede è genuflesso).
vostra moglie sarò ma con un patto
                                          Anzi prometto
(So che sol nelle scienze ha il suo diletto).
Ahi che colpo fatal di simpatia.
Nella scuola d’amor non siete istrutto.
                                         Io sudo tutto.
                              Sì.
                                      Quest’è il contratto.
                                  Il matrimonio è fatto.
prodigioso scolaro. Il vostro nome?
                                Sì.
                                        Siete voi forse...
                                              Oh cosa sento!
Ma dell’inganno mio già non mi pento.
basta che agli occhi miei voi siate bella.
da cui rimasto siete persuaso.
Oh che bella invenzione, oh che bel caso.
Che vale a dir vostra fedel compagna
che la femina deve al suo marito.
cotanta dipendenza oggi non s’usa.
                                        Che i nostri patti
                                          E quali sono?
Che voi non v’opponiate al mio costume.
                                     Eh v’ingannate.
Qual è il costume mio dunque ascoltate.
Signora moglie mia non son sì matto,
che il matrimonio sia fatto e disfatto.
Non vuo’ che mi pigliate per la gola.
che diceste per me sentir nel petto?
fino che vi credea saggia citella
vi scorgo come l’altre, io già mi pento
d’esservi stato amante un sol momento.
una donna trovar di tal bontà
che non avesse in sen la vanità.
                                     No certamente.
                                     Donna imprudente.

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